26/03/2014

GENITORI OSTAGGIO DEI FIGLI E DEL SENSO DI COLPA.

La storia di oggi arriva da Grosseto ed ha per protagonista un ragazzino di 13 anni, che ubriaco tentava il suicidio. E’ stata la madre a chiamare la polizia poiché suo figlio minacciava di suicidarsi, all’arrivo degli agenti la scena è quella di una madre che blocca dall’esterno una porta con in mano un coltello, e che racconta che dietro quella porta c’è suo figlio ubriaco a cui era riuscita a togliere il coltello con cui aveva tentato il suicidio. Il ragazzo è stato portato in ospedale.  Successivamente la madre ha confessato di essere stata lei stessa a dare l’alcol al figlio, e di averlo fatto anche nei giorni precedenti poiché il ragazzo minacciava che se non lo avesse avuto si sarebbe ucciso. La stanza del ragazzo aveva le finestre chiuse con gli avvolgibili serrati, proprio per le minacce di buttarsi giù del ragazzo, e sul pavimento residui di cibo, lattine, bottiglie, mozziconi di sigaretta. La madre è stata denunciata per maltrattamenti.
Questa vicenda è emblematica delle difficoltà genitoriali nella gestione dei figli, e dei conflitti con essi; di quanto ormai i ragazzi tengano in ostaggio i genitori con i loro ricatti; del disagio emotivo profondo degli adolescenti, del loro isolamento anche all’intero della famiglia.
Ci troviamo davanti a genitori vittime del senso di colpa rispetto ai figli, perché la società intera accusa le madri di trascurare i figli per la carriera, ignorando che la maggior parte delle donne lavora per necessità e non solo per soddisfazione personale; e figli “coccolati” dagli oggetti, che gli adulti mettono nelle loro mani per compensare l’assenza, che nella crisi adolescenziale si trovano soli.
Spesso non ci si rende conto che l’assenza più dannosa per i figli non è quella fisica, ma quella emotiva: scoprire in un momento di crisi di non trovare nel genitore il porto sicuro in cui rifugiarsi, riflettere sui problemi e trovare le soluzioni, è ciò che destabilizza maggiormente i ragazzi.
Non ci si scopre genitori dialoganti quando i figli sono grandi, il dialogo si costruisce nell’infanzia, trasmettere loro la presenza emotiva del genitore, il bambino deve sentirsi fiducioso nel confidare le proprie emozioni quotidiane, avere fiducia che troverà qualcuno disposto ad ascoltare senza giudicare, in silenzio, e a consigliare quando richiesto, pronto ad accogliere soprattutto quando il bambino sbaglia. Questo aiuta il bambino a comprendere che ammettere i propri sbagli è un valore e che l’amore dei genitori non viene messo in discussione quando si commette un errore, ciò renderà più facile al bambino confidarsi con il papà o la mamma nei momenti di difficoltà.
Se torniamo stanchi da lavoro e non abbiamo la forza di giocare a rotolarci per terra il bambino lo comprende, possiamo abbracciarlo e coccolandolo chiedere cosa abbia fatto durante la giornata mostrando interesse per quello che ci racconta. Possiamo raccontargli una storia o giocare ad inventarne una insieme. Così facendo metteremo in atto uno scambio emotivo, staremo costruendo una relazione solida basata sul sostegno emotivo, sulla fiducia di esserci l’uno per l’altro.
Se al contrario mettiamo in primo piano la nostra stanchezza e pensiamo solo  riposarci, trascurando la relazione con il bambino, staremo trasmettendo il messaggio che il suo vissuto quotidiano ed interiore non è importante quanto il nostro stato d’animo. Questo comportamento protratto nel tempo induce il bambino a gestire le proprie difficoltà da solo, a non vedere nel genitore una figura a cui poter confidare il proprio vissuto interiore.
Quando un genitore si fa condurre dal senso di colpa, tende a riempire il bambino di oggetti materiali, oggetti che colmino l’assenza, trascurando la relazione. Ma purtroppo questo diventa un circolo vizioso, perché più si affida agli oggetti la compensazione del senso di colpa, più crescerà l’insoddisfazione nel bambino, più aumenterà il sentimento di insicurezza del genitore. E’ così che si diventa ostaggi dei figli che, non essendo abituati ad esprimere i propri bisogni su un piano emotivo, continuano a fare richieste di oggetti come dimostrazione d’amore e di interesse da parte del genitore.
Il senso di colpa è una delle angosce più comuni nella nostra cultura ed è legato ad un senso di inadeguatezza. E’ un sentimento che ci obbliga a vivere nel passato o in un ipotetico futuro, perdendo di vista il presente. Con la conseguenza di non avere la consapevolezza  del qui ed ora. Il senso di colpa obbliga ad una passività, poiché il passato non è più modificabile, ciò che è stato è immutabile, può solo essere accettato. Dal passato però è possibile imparare, usarlo in maniera positiva e attiva per apprendere dagli errori commessi. Finchè si è chiusi nel senso di colpa si evita di fare qualcosa nel presente. La cosa migliore quando questo sentimento prende il sopravvento è capire cosa si sta evitando di fare e farla.
Ma il senso di colpa permette anche di contenere le pulsioni distruttive e di prendere coscienza della sofferenza dell’altro. E’ una forma più costruttiva, perché mette in guardia dal superamento dei limiti, costringe a mettersi in discussione e ad assumersi delle responsabilità, verso se stessi e verso gli altri.
Con i figli il rischio della prevalenza di questo stato d’animo può essere un’eccessiva indulgenza, come questa madre di Grosseto, vittima del suo senso di inadeguatezza, che ha ceduto alle richieste di alcolici fatte dal figlio, ben consapevole spero dei danni che l’alcol produce su un organismo così giovane. Il disagio psicologico di questo ragazzino era talmente grande da non poter essere contenuto se non con lo stordimento. Quella madre probabilmente non ha mai costruito una relazione emotiva con il figlio, prodotto di ciò è il profondo isolamento psicologico dello stesso, che vedeva come alternative alla sopportazione del dolore o il volo dalla finestra o lo stordimento. Sicuramente sarà enorme il senso di colpa di questa madre, ed altrettanto enorme il senso di inadeguatezza per non aver saputo dialogare con il figlio, confrontarsi con il disagio interiore del figlio ( probabilmente in quanto incapace di affrontare il proprio ), ed accogliere dentro di sé la sofferenza del ragazzo aiutandolo a fronteggiarla.
E’ importante garantire ai figli una presenza, anche se di poche ore, attenta, sincera e partecipe, esperienze molto più nutrienti a livello psicologico di una presenza costante e distratta o, peggio ancora, esclusiva e soffocante.