17/03/2014

VIOLENZA E TRAUMA INFANTILE.

Ancora un femminicidio e purtroppo ancora una volta sotto gli occhi dei figli, mi riferisco al sottufficiale dell’aeronautica che, in provincia di Roma, ha ucciso a martellate la moglie sotto gli occhi dei figli gemelli di 9 anni. Poi, noncurante degli stessi, ha tentato la fuga prima di costituirsi, mentre i due bambini terrorizzati hanno cercato di chiedere aiuto per salvare la madre.
La violenza cieca dell’uomo non preserva nessuno dall’orrore, neppure i propri figli, che in teoria i padri dovrebbero amare. Già sopravvivere da bambini avendo perso un genitore è complicato: superare il dolore, il senso di abbandono, l’odio verso il mondo cattivo che li ha privati di una delle figure più importanti. Proviamo a immaginare cosa succede nella loro psiche se il genitore è stato ucciso: la rabbia, il senso di impotenza, il dolore. E se a uccidere è stato l’altro genitore? Nasce un conflitto interiore tra il bisogno di restare legato all’unica figura genitoriale rimasta, ma l’impossibilità di farlo, per l’atto delinquenziale commesso e perché è difficile perdonare una tale ingiustizia. E quando loro sono inermi  involontari spettatori? Vedere l’orrore sotto gli occhi e non poter fare nulla, rivivere per moto tempo la scena davanti agli occhi, come se il tempo si fosse fermato a quel momento e, come un video inceppato, venisse sempre ripetuto.
Il trauma psicologico è un evento non integrabile nel sistema psichico pregresso della persona, minando l’integrità psicologica e minacciando di frammentare la coesione mentale. Il trauma implica l’esperienza di un senso di impotenza e di vulnerabilità  a fronte di una minaccia che può riguardare l’integrità fisica e psicologica della persona, ed un senso di insicurezza psicologica.
Fare esperienze stressanti in epoche precoci della vita causa un’attivazione persistente e usurante di un peptide cerebrale ( CRH ), che controlla la secrezione dell’ormone che risponde allo stress, responsabile dei sintomi più caratteristici della depressione: disturbi del sonno, riduzione dell’appetito.
Molte ricerche testimoniano una riduzione del volume dell’ippocampo, sede cerebrale della memoria a lungo termine, e minore densità neuronale nella stessa area, in reduci di guerra e donne vittime di abusi, in persone sottoposte ad abuso fisico e psicologico protratto.
Uno studio dell’Università del Texas ha evidenziato problemi di connettività in aree cerebrali diverse, tra cui il Fascicolo Longitudinale Superiore, coinvolto nella pianificazione comportamentale, e nell’elaborazione del linguaggio. Un’altra regione colpita è la corteccia de cingolo-ippocampo, che consente la connessione fra le regioni emotive del cervello e quelle coinvolte nei pensieri astratti, integrando le due informazioni. Nei soggetti che riportavano queste modificazioni cerebrali si è evidenziato un maggior rischio di sviluppare in età adolescenziale dipendenze da sostanze stupefacenti.
Come possiamo vedere in seguito ad un trauma psicologico si verificano modificazioni nelle trasmissioni chimiche del cervello, nelle strutture cerebrali e nelle loro interconnessioni. Modificazioni fisiche che hanno ripercussioni sulla vita e sulle scelte comportamentali, ma che non rappresentano una condanna, poiché risorse fisiologiche, psicologiche e psico-sociali svolgono anch’esse un ruolo nella costruzione della personalità. Ad esempio se un bimbo perde la mamma, ma ha una nonna affettuosa, una buona capacità di gestire le paure, e non subirà altri stravolgimenti traumatici, riuscirà  fronteggiare il trauma infantile, rielaborarlo e costruirsi una personalità forte.
Più è precoce l’intervento, migliori  saranno i risultati. La depressione e la dipendenza non sono destini ineluttabili, l’importante è mobilitare tutte le risorse alternative adulte intorno ai bambini, guardare in faccia il trauma e affrontarlo, non negarlo, non mascherarlo, non ignorarlo, non minimizzarlo. E’ importante ricostruire il senso di sicurezza, esprimendo il trauma e fronteggiando il dolore che ne deriva, comprendere ed integrare il trauma con la propria esperienza  permettendo la crescita personale. Più si riesce a completare questo percorso psicologico di ristrutturazione, più sarà possibile ricostruire la propria autostima. In alternativa il rischio potrebbe essere immagazzinare la rabbia ed esperire comportamenti violenti e di sopraffazione per buttare fuori questa emozione dirompente, immagazzinare il pensiero che la violenza sia il modo utile per fronteggiare la frustrazione.
Ora per questi bambini è importante non essere abbandonati ad elaborare da soli il trauma di vedere massacrata la madre sotto i loro occhi, avere intorno familiari che li amino e li sostengano, con l’aiuto degli esperti, nell’affrontare l’esperienza subita, essere circondati da adulti affettuosi che compensino la mancanza di entrambi i genitori, professionisti che li aiutino ad elaborare l’immagine di un padre assassino.
Una buona parte della loro spontaneità e leggerezza l’hanno persa, devono fare i conti con un evento che perfino gli adulti faticano ad accettare, avranno un segno nell’anima, ma questo non dovrà spaventare, bisognerà stare accanto a loro.
L’ideale sarebbe poter dare ai nostri bambini un mondo in cui non debbano fronteggiare tali situazioni, un mondo in cui la loro sensibilità venga rispettata, la loro integrità venga difesa e preservata.
In assenza di questo mondo ideale è necessario che tutti si impegnino quantomeno a ridurre la frequenza con cui questi fatti accadono ed imparare a non vergognarsi di chiedere aiuto ad esperti, i quali per la formazione ricevuta e per l’estraneità affettiva ai fatti riescono a dare il giusto sostegno alle vittime e ai loro familiari.