08/04/2014

KO GAME: QUANDO TRASGREDIRE NON CONOSCE LIMITI.

E’ la nuova trasgressione diffusa tramite internet che arriva dagli Stati Uniti, il ko game, simbolo della violenza allo stato puro, fine a se stessa e ingiustificata, in cui i ragazzi si filmano mentre atterrano con un pugno in pieno volto degli ignari e sconosciuti passanti, solo per il gusto di fare qualcosa da mettere in rete. Inutile dire che alcuni atti di emulazione si sono già verificati anche in Italia.
C’è da domandarsi da dove arrivi questa spinta al superamento di ogni limite, alla trasgressione ad oltranza, oltre ogni moralità e legalità.
La trasgressione è un atto fatto con lo scopo di sottrarsi ad una realtà insoddisfacente, a certe regole, per rimuovere un conflitto determinato da circostanze esterne o da difficoltà interiori. Data questa definizione è necessario distinguere fra una trasgressione sana, cioè quella che ha portato l’uomo, fin dalle sue origini, a modificare la propria condizione di vita e che ci ha portato allo stato evolutivo attuale, e una trasgressione malata, nella quale la componente prevalente è la rottura degli schemi, senza una spinta propositiva verso un cambiamento positivo.
La trasgressione ci libera dalla noia e dalla routine quotidiana, riattiva gli ormoni facendoci provare nuove sensazioni.
Quando la trasgressione equivale ad una sfida con se stessi, ad una spinta verso il cambiamento, è positiva e rafforza l’autostima, come un atleta che vuole battere un record o uno scienziato che va oltre il già noto. In questo senso è quindi spinta verso la conoscenza, l’evoluzione personale  e sociale, ed anche fonte di forti emozioni, è un elemento creativo della vita.
Se trasgredire diventa un obbligo sociale, fatto per sentirsi vivi, per noia, senza progetti, solo per ribellarsi a qualcosa, per mettersi alla prova, per stupire, per attirare l’attenzione, per emulazione, per moda, si svuota questo atto della sua valenza creativa e propositiva, ed anche del suo carattere di eccezionalità. Non si può trasgredire in continuazione, senza uno scopo. Inoltre la trasgressione è personale, proprio per il fatto che implica una sfida con se stessi ed un desiderio di cambiamento. Non può essere collettiva o emulativa.
Un gesto di trasgressione non deve necessariamente essere eclatante, ma soprattutto non deve mettere in pericolo la vita propria o altrui.
Appare evidente dunque che il ko game non ha nessuno dei caratteri della trasgressione, come non ha niente del gioco. Non è un gioco poiché non ha nulla di divertente, non è una trasgressione in quanto non è individuale, non è funzionale ad un cambiamento, non crea nulla di nuovo. Si tratta di un gesto oppositivo rispetto ad ogni regola morale e legislativa, non dimostra nulla se non il vuoto interiore, tanto emotivo quanto valoriale, di chi si presta a queste azioni.
Dimostra unicamente la voglia di sfidare il limite, o di manifestare un malessere interiore, oppure di attirare l’attenzione del mondo adulto.
E’ un modo per esprimere un disagio emotivo che è insito nel periodo adolescenziale che va dai 13 ai 20 anni. In questo periodo della vita il cervello si ristruttura completamente influenzando il comportamento. Quello che avviene in pratica è una selezione delle connessioni inutili, che vengono eliminate, per fare spazio a quelle nuove e più efficaci. Rimangono le connessioni che riguardano i comportamenti e compiti appresi, l’impronta genetica genitoriale e i tratti di personalità che resteranno immutati nel corso della vita. A tutto questo patrimonio personale si sommerà il potere formativo dell’esperienza.
L’adolescente cerca quindi nuovi legami sociali, e la trasgressione serve a emanciparsi dalle figure genitoriali  mettendo alla prova le proprie capacità fisiche e psichiche. E’ il periodo in cui gli ormoni puberali agiscono direttamente sulle aree cerebrali deputate all’elaborazione delle emozioni, con la conseguenza che la risposta emozionale è amplificata. Contemporaneamente le aree neuronali impegnate nell’elaborazione del pensiero non matureranno fino ai 20 anni. Ne deriva uno sbilanciamento temporaneo con una prevalenza dell’emozione sulla razionalità. L’impulsività prevale guidando verso azioni rischiose e spesso senza senso.
Una volta spiegato dunque cosa avviene a livello fisiologico sui nostri adolescenti, non si può ovviamente pensare di lasciarli agire liberamente nell’attesa che diventino ventenni, al contrario è necessario essere accanto a loro, con regole chiare, che definiscano i limiti entro cui muoversi, mostrare comprensione e interesse per ciò che vivono e provano. 
Un gesto trasgressivo provoca un’emozione dirompente che, come una scarica elettrica, stimola il corpo e la mente, lasciando una sensazione di inebriante libertà.
In fondo, come abbiamo già detto l’essere umano non si sarebbe evoluto se non ci fosse stata questa spinta al cambiamento; ma quando si compiono atti di pura provocazione l’obiettivo non può essere produrre un cambiamento positivo, quanto piuttosto richiamare l’attenzione su un disagio profondo, su un senso di disorientamento che non permette all’attore dell’azione provocatoria di comprendere il limite fra ciò che è ammesso e ciò che non lo è.
Quale può essere il messaggio di questo nuovo “gioco”, il ko game, se non quello di sfidare l’autorità, giudiziaria o genitoriale, è come se stessero cercando una punizione, un limite, come se manifestassero platealmente la mancanza di un modello positivo da seguire, che sappia insegnare le regole senza imporle aprioristicamente, spiegare la legalità nel suo senso primario di rispetto per se stessi oltre che per gli altri, spiegare il senso del limite in quanto confine fra sé e il mondo all’interno del quale manifestare la propria individualità e personalità, per non vederlo solo come una costrizione a cui ribellarsi.
Il futuro è nella creatività, nell’ideazione, nella capacità di ristrutturare positivamente una realtà che sicuramente non è perfetta, usando la trasgressione propositiva, quella che ha permesso all’umanità di arrivare ad oggi.