IL LEGAME FRA ALIMENTAZIONE E PSICHE.

Tutti avranno sperimentato almeno una volta nella vita che in un momento di tristezza o stress emotivo si cerca conforto nel cibo. Riempire lo stomaco per riempire un vuoto nel cuore. Nutrire il corpo per nutrire lo spirito.
Nella scelta del cibo da acquistare e mangiare un grande ruolo è svolto proprio dalla psiche, infatti scegliamo su una base, oltre che di gusto personale, anche culturale, difficilmente ci ritroveremo a mangiare cavallette come fanno abitualmente nelle culture africane e orientali.
Il cibo è comunicazione: la mamma che prepara un fumante e profumato ciambellone per dimostrare il proprio amore ai figli, e questa esperienza resta impressa nella memoria, in modo che ogni volta che risentiremo quel profumo lo assoceremo all’esperienza infantile.
Il cervello umano funziona sulla base di processi biochimici, e per funzionare necessita di nutrienti come zuccheri, proteine, sali minerali, vitamine che contribuiscono alla costituzione e ristrutturazione delle strutture cerebrali ed anche allo scambio neuronale di informazioni. Di conseguenza ciò che mangiamo agisce direttamente sul sistema nervoso centrale, attivandolo o inibendolo. Un’alimentazione squilibrata può provocare spossatezza fisica, diminuzione delle prestazioni cognitive, sonno disturbato, nervosismo, ansia, apatia ecc. Senza contare poi che è dal cervello che parte verso il corpo il segnale della fame o della sazietà.
Data questa stretta relazione fra il cervello ( sede anche delle emozioni ) e ciò che mangiamo, non è strano pensare che lo stato emotivo può influenzare il modo in cui ci approcciamo al cibo. Se facessimo un’indagine non sarebbe così difficile trovare una persona obesa che nasconde un disagio psicologico, personale o relazionale, sotto quella grande quantità di grasso. Spesso dietro una storia di cattivo rapporto col cibo si nasconde un problema di accettazione di sé, la necessità di soffocare il vuoto emotivo, il bisogno di nascondere un segreto pesante come una violenza subita, ecc.
Il meccanismo di piacere a livello cerebrale che attiva l’assunzione di cibo soffoca il malessere: le sostanze nutritive che assumiamo con il cibo vanno ad influire sui processi biochimici cerebrali, modulando il livello di neurotrasmettitori, agendo sul livello di serotonina ( l’ormone del buonumore ) ed endorfine ( con proprietà analgesiche ).

Il peso che ha la psiche sui disturbi del comportamento alimentare, come anoressia e bulimia, è ormai ben noto a tutti.
Ma spesso di questo legame fra stato emotivo e stato fisico non si tiene conto quando si è in sovrappeso, e ci si ritrova ad essere in balia di un numero esorbitante di diete e relativi insuccessi, che peggiorano ancor di più l’autostima del soggetto. Non si pensa che l’insuccesso della dieta può essere legato ad un problema psicologico, il quale emergerebbe con prepotenza se togliessimo al soggetto la compensazione derivante dal cibo gettandolo in uno scompenso che non è pronto ad affrontare, o anche semplicemente ad un problema di motivazione. La ragione per cui si sta intraprendendo un percorso di alimentazione controllata può non essere sufficientemente forte da tollerare il regime alimentare che ci si prefigge.
E’ per questa ragione che la tendenza attuale è di un lavoro di equipe, nutrizionista e psicologo, soprattutto qualora non si ottengano risultati di dimagrimento apprezzabile nel breve tempo.
Vari studi sono stati fatti in merito ed hanno certificato l’utilità di tale collaborazione, lavorare contemporaneamente sul corpo  e sulla mente porta a un maggior numero di successi. Lavorare sulla motivazione aiuta a tenere bene a mente prima gli svantaggi della perdita di peso, come la riduzione di cibo  e il movimento fisico, per poi concentrarsi sui vantaggi, come l’effetto sull’autostima. In questo modo si riduce la possibilità di insuccesso, il paziente non si sente abbandonato a se stesso quando ha momenti di difficoltà a resistere alle tentazioni del cibo o quando la pesata non dà il successo sperato nonostante gli sforzi. Sono proprio questi fallimenti, che possono accadere in un percorso dietetico, che spingono le persone ad abbandonare l’idea del dimagrimento.
Quando viene eliminato il peso psicologico risulta poi più facile lavorare sul peso fisico.