25/04/2014

LE EMOZIONI NEGATIVE SI AFFIEVOLISCONO PRIMA DI QUELLE POSITIVE.

Un nuovo studio sulla memoria, pubblicato sulla rivista “Memory”, dimostra che la mente umana possiede una capacità transculturale grazie alla quale le emozioni negative legate ad un evento infelice della vita diminuirebbero di intensità in maniera più rapida delle emozioni positive (FAB).
Lo studio ha coinvolto 500 individui di varie nazionalità e culture, è stato chiesto loro di ricordare un certo numero di eventi della loro vita e di riferire le emozioni ad essi correlate, sia allora che nel momento presente alla richiesta di riportarli alla memoria. In ogni gruppo culturale si è presentato il fenomeno FAB; questa capacità di mantenimento dell’intensità delle emozioni positive ha una funzione adattiva rispetto alla regolazione emotiva. In altri termini in presenza di un ricordo negativo l’intensità dell’emozione ad esso legata si affievolisce in tempi brevi, permettendo al soggetto di riprendersi più rapidamente da un accadimento spiacevole depotenziandone la carica emotiva. Il ricordo dell’evento resta, ma l’emozione che riaffiora quando lo si porta alla memoria dopo un certo lasso di tempo è meno intensa, meno pervasiva.
Ciò non toglie però che esistono determinati processi molto potenti, come il rimuginio  (pensare a qualcosa insistentemente e in modo ossessivo) e la ruminazione ( focalizzare l’attenzione su un evento in maniera specifica, ricorrente e duratura, pensando dettagliatamente a tutti i particolari ), che potrebbero invalidare questa capacità mentale mantenendo vivide le emozioni negative.
La presenza di questa capacità mentale va ad arricchire un concetto molto importante in psicologia, quello di RESILIENZA, cioè la capacità che ogni individuo ha di resistere agli eventi negativi e superarli. La resilienza fa riferimento all’importanza di puntare su fattori protettivi e di compensazione per superare le difficoltà, fattori che differiscono in base all’età ed ai contesti sociali  e familiari. Ad esempio nell’infanzia la relazione di attaccamento sicuro con le figure di riferimento, nonchè l’immaginazione e il gioco influiscono molto sulla possibilità del bambino di sviluppare competenze sociali ed emotive, superare eventi negativi, trovare soluzioni alternative: il classico amico immaginario aiuta il bambino a non sentirsi solo davanti alle difficoltà.
La resilienza è dunque una capacità che si sviluppa proprio entrando in contatto con situazioni difficili, ciò vuol dire che una moderata esposizione ad eventi avversi permette di sperimentare ed affinare le individuali competenze di problem solving.
Questi dati scientifici mi spingono ad augurare all’ultima vittima di bullismo a Ponte Milvio, Carlo di 15 anni, di avere una buona capacità di resilienza, di riuscire a superare questo momento molto doloroso e difficile della sua giovane vita, di avere una buona rete sociale intorno, fatta di genitori forti e di amici sinceri, non quelli che filmavano il bullo che lo malmenava senza fare niente per fermarlo.
Sicuramente il ricordo di quel giorno resterà indelebile nella sua mente, ma grazie al meccanismo mentale FAB, descritto precedentemente, l’intensità emotiva legata ad esso andrà a svanire.
Il giovane dal suo letto di ospedale, attraverso le pagine de “Il Messaggero”, afferma di non poter perdonare e di chiudere con anticipo l’anno scolastico poiché non vuole tornare ad incontrare il suo aguzzino e i falsi compagni di quella scuola. Ovviamente non comprende le ragioni di quello che ha subito, e sai perché non le comprendi caro Carlo? Perché non esistono ragioni, e questa mancanza di motivazioni di una violenza cieca sono comuni a tutti gli episodi di bullismo.
Il bullo viene mosso dal semplice bisogno di prevaricare, dalla paura di essere prevaricato e dall’istinto di essere il primo ad attaccare, in tal modo chi lo vede nell’espressione della violenza viene diffidato dall’attaccare. Per questo chi è intorno viene invitato a filmare questi atti di bullismo, grazie alla rapidità di diffusione delle immagini in internet, tanti ragazzi vedranno tempestivamente il video e il carnefice di turno potrà continuare a mantenere il suo ruolo di prevaricazione.
Anche il bullo è una vittima, vittima della sua stessa paura, del suo senso di inferiorità, della sua bassa autostima. È una vittima di violenze subite magari da un padre o da un fratello.
Intanto però per uno strano meccanismo psicologico il bullo continua a vivere serenamente grazie al reverente senso di terrore che diffonde intorno a sé, grazie al quale non viene isolato ma sempre più attorniato da altri ragazzini, che preferiscono averlo come “amico” che come rivale. Invece le tante vittime incolpevoli della prevaricazione si nascondono, si vergognano, non avendo fatto nessuna azione meritevole di biasimo e per la quale dover vergognarsi. Sono loro che devono cambiare la loro vita, la scuola, le abitudini, per evitare di entrare in contatto con l’aguzzino.
Senza contare l’omertà che dilaga intorno a queste azioni, il meccanismo della paura blocca chiunque abbia assistito o conosca i colpevoli, poiché esporsi comporta il rischio di trovarsi contro non solo il bullo ma anche i suoi “adepti”, quindi meglio far finta di non sapere, di non aver visto.
Finchè qualcuno non spezzerà il circuito della paura ed anche gli adulti non smetteranno di voltarsi dall’altra parte, difficilmente riusciremo a fermare questo fenomeno del bullismo. La maggior parte di questi atti violenti si consumano davanti alle scuole, all’ora di ingresso o di uscita, davvero crediamo che non ci sia mai un adulto nei paraggi quando ciò avviene? Che ciò avvenga nel silenzio? Assistiamo dunque ad un fallimento di una generazione che non ha saputo educare i ragazzi al rispetto dell’altro e alla cultura della diversità come arricchimento, lasciando che l’omologazione diventasse un valore, una generazione che si volta dall’altra parte davanti a queste azioni all’insegna della frase “ devono imparare a cavarsela da soli”, un meccanismo che permette la diffusione dell’indifferenza come sentimento prevalente.
E allora magari i meccanismi potenti della mente permetteranno a tutte le vittime di ricostruirsi dopo l’aggressione.