ORA SIAMO IN TRE!

Arriva un bambino e abbiamo nove mesi per prepararci, ma quando arriva il momento della nascita non è insolito sentirsi spaesati, pieni di dubbi e di paure, ci si rende conto della propria inesperienza rispetto al nuovo ruolo, e si cercano risposte nei tanti manuali sul bravo genitore.
Ognuno ha già dentro di sé un modello genitoriale da seguire, frutto dell’esperienza con le proprie figure genitoriali, e a seconda che questa sia stata più o meno positiva si sarà più o meno disposti a riproporlo con i propri figli. Nonostante ciò l’avventura non è semplice poiché entrambi i coniugi portano dentro di sé il loro modello di famiglia e ambiscono a riprodurlo. In più ognuno ha un modello ideale di genitorialità al quale spera di aderire. Le dinamiche che derivano da questo intreccio di esperienze e di ideali sono dunque complesse, e la coppia dovrà negoziare un modello familiare e genitoriale proprio, che sia il frutto di una fusione fra i modelli esperienziali e ideali di entrambi, e sul quale struttureranno le regole del sistema familiare.
È per questo che la teoria sistemica definisce la nascita di un bambino un evento critico nel ciclo di vita della famiglia. Nel corso della sua storia ogni famiglia affronta una serie di eventi critici: la nascita di un figlio, separazioni, lutti, adolescenza, uscita di casa dei figli, matrimonio dei figli ecc. Tutti questi vengono definiti critici in quanto implicano un cambiamento del sistema familiare e, di conseguenza, necessitano di una riorganizzazione dell’intero sistema su altri equilibri  e su altre regole.
Con la nascita del primo figlio si passa da un sistema diadico ad uno triadico, si inserisce un esserino che impone in maniera decisa le sue esigenze e i suoi bisogni, e non importa quanto ci si senta pronti e se nove mesi siano bastati per prepararsi all’evento. I ruoli cambiano non si è più solo marito e moglie, ma padre e madre, al sottosistema coniugale con le sue regole si aggiungono altri due sottosistemi: quello genitoriale e quello filiale. Il primo va organizzato su un’alleanza e delle regole precise sull’educazione e sulla partecipazione di ciascuno nella vita quotidiana del figlio. Poiché non è vero che i neonati hanno solo bisogno della madre, piuttosto necessitano di sperimentare e strutturare la relazione con entrambi, di riconoscersi in quanto individuo in entrambi, di sperimentare l’appartenenza ad entrambi, di riconoscere l’autorità di entrambi. Non ci sono compiti esclusivi della madre ed altri di sola competenza paterna: la comunicazione emotiva di cui fanno esperienza con la madre passa prevalentemente attraverso il canale dell’alimentazione, del contatto fisico dell’allattamento, e i canali olfattivo ed uditivo, poiché nel grembo il neonato ha respirato l’odore della madre e lo riconosce immediatamente alla nascita, allo stesso modo per quanto riguarda la voce. La comunicazione emotiva con il padre deve basarsi su altri dati: le coccole, che non devono essere precluse al padre, il piccolo deve avere dei momenti durante la giornata di relazione esclusiva col padre, proprio affinchè il neonato possa acquisire più “informazioni” sul padre, e imparare a ri-conoscere una persona importante nella sua vita della quale, nei mesi di gestazione, ha conosciuto solo la voce. Dunque cambiare il pannolino al piccolo o fargli il bagnetto non sono solo incombenze da espletare, ma momenti di conoscenza e di relazione per entrambi. D’altronde il padre non ha avuto modo di conoscere il proprio figlio finchè non è nato, i nove mesi sono un’esperienza che può vivere solo in maniera superficiale, un momento di conoscenza esclusivamente materno.
Il sottosistema filiale è lo spazio riservato ai figli, alle regole educative che ne definiscono i confini rispetto sia ai sottosistemi familiari sia all’ambiente esterno alla famiglia, spazio riservato anche alla relazione tra pari che si sviluppa nel rapporto con i fratelli.
I neonati hanno dei bisogni primari, come nutrizione e accadimento, e bisogni secondari, come emotivi, cognitivi e relazionali. Tutti questi bisogni sono esplicabili da entrambi i genitori, eccetto la nutrizione quando l’allattamento avviene al seno, poiché la genitorialità va acquisita sul campo, nel rapporto quotidiano e costante con il proprio figlio.
Spesso i neopadri lamentano di sentirsi trascurati da una moglie troppo attenta solo al ruolo di madre, ciò avviene perché la donna sente su di sé tutto il carico di compiti domestici e materni, spesso escludendo per prima il padre dall’accudimento del figlio. Ed inevitabilmente se si pensa di dover fare tutto da sole la stanchezza è dietro l’angolo ed anche il senso di inadeguatezza, quando, nonostante gli sforzi, si vede una casa in disordine ed un marito lamenta di sentirsi trascurato. Le neomamme per prime devono capire che il figlio è di entrambi e devono permettere al padre di occuparsene, insegnandogli a farlo, facendo insieme il bagnetto e i primi cambi di pannolino, in questo modo incombenze di accadimento diventano piacevoli momenti di relazione non solo fra i genitori e il loro bambino, ma anche fra due coniugi che si prendono cura del loro rapporto attraverso la cura del proprio figlio.
Il tempo familiare, che prima era diviso per due, ora deve essere diviso per tre, ciò significa che non sempre sarà possibile fare una vacanza quando si avrà voglia di farla, o un’uscita con gli amici, perché magari il piccolo sarà malato o semplicemente capriccioso o avrà preso tutte le energie dei genitori sfinendoli. Ciò non vuol dire che non si troverà più spazio per gli svaghi sociali, ma semplicemente bisognerà dare il tempo al bambino di apprendere i ritmi familiari e di adeguarvisi, e se un giorno non sarà possibile uscire con gli amici a cena lo si potrà fare in un altro momento. Spesso per uno dei membri della coppia o per entrambi è difficile mettere da parte gli hobby e le attività preferite, alle quali prima veniva dedicato più tempo. Ora bisognerà ridimensionare il tempo per gli svaghi e riservare ad essi uno spazio limitato: anziché andare in palestra tre volte alla settimana lo si farà solo due volte. Il tempo va gestito senza ansie e recriminazioni se i programmi saltano, perché il bello di avere un figlio sono gli imprevisti che movimentano la vita. L’importante è non vivere gli imprevisti e i programmi andati in fumo come delle tragedie, e vivere serenamente il momento altrimenti un carico di ansie eccessive avrà ripercussioni sullo stato emotivo del piccolo. Se per una sera non si esce pazienza, godiamo lo stesso del tempo con il nucleo familiare, lasciamo perdere le lamentele sul fatto che da quando c’è il bambino non si riesce più a fare niente, è un modo di vedere la nuova vita familiare in modo negativo che rende solo gli animi più tesi.
Spazi, tempi, luoghi vanno divisi pensando solo a quali siano le priorità del momento, all’inizio lo spazio per la socialità sarà inevitabilmente ridotto in modo drastico, anche perché il neonato ha bisogno di relazionarsi intimamente con i genitori nei primi tempi, per imparare a sentirsi sicuro nel mondo. Man mano che cresce sarà possibile riprendere i contatti amicali e le passioni individuali, dedicando ad ogni cosa il giusto spazio.
In altre parole la nascita di un figlio è certamente un uragano che scombussola la vita, ma è semplicemente un momento della vita familiare in cui bisogna cambiare gli equilibrio. E quando il nuovo equilibrio sarà stato trovato rimarrà la piacevolezza dell’evento.