BEASTLY: LO STEREOTIPO DELLA BELLEZZA.

“Beastly” è un film del 2011, una sorta di rivisitazione del classico “La bella e la bestia”, carico di tematiche psicologiche sullo sviluppo della personalità e sulle sfide della crescita, sugli impedimenti sociali imposti dalla logica dell’apparenza e sul reale percorso di evoluzione interiore verso l’espressione della propria essenza.
Narra le vicende di un ragazzo che aveva dalla sua parte tutte le caratteristiche ritenute favorevoli per un successo sociale: gioventù, bellezza, ricchezza. E tutto ciò che a queste si lega: popolarità, considerazione sociale, e purtroppo anche l’arroganza di chi crede che “l’avere” possa aprire ogni porta senza alcuno sforzo e senza dover dimostrare alcun tipo di competenza. Ad un certo punto qualcosa cambia: rimane vittima di un incantesimo a causa del quale il suo aspetto fisico si deturpa, e sarebbe rimasto tale se entro un anno non avesse ricevuto il bacio del vero amore.
Inizia una nuova vita per questo ragazzo, il suo volto deturpato diventa una barriera rispetto agli altri, perfino rispetto al padre, il quale per paura che qualcuno potesse scoprire l’aspetto del figlio, lo manda a vivere in un altro appartamento con la governante di fiducia, procurandogli anche un precettore. Era così lontano dai canoni della bellezza esteriore che neppure il padre ne sopportava la vista. La fortuna di questo ragazzo, coloro che lo hanno aiutato a scoprire la bellezza del suo animo, sono proprio la governante, colei che lo ha visto crescere e che, conoscendone la vera essenza, non è spaventata dall’aspetto del suo volto. E il precettore, il quale non può sviluppare un giudizio vincolato dall’esteriorità poiché affetto da cecità. Proprio su questa scelta vediamo agire il pregiudizio, e il conseguente stereotipo, paterno rispetto alla bellezza fisica e a quanto questa conti nella società: la società non ammette persone sfigurate e probabilmente nessuno vorrebbe lavorare con un uomo orribile esteriormente, per questo l’insegnante privato per il figlio doveva essere cieco, per non rischiare un rifiuto o la diffusione della “notizia”.
   Il pregiudizio ( un giudizio che viene prima dell’esperienza) è una forma di categorizzazione e generalizzazione che permette agli individui di semplificare la realtà e orientarsi nell’ambiente in cui si vive.  Si utilizzano rappresentazioni generali di alcune caratteristiche che si riuniscono a formare macro-categorie, il loro vantaggio è di ridurre gli attributi dell’oggetto a classi concettuali omogenee. In tal modo si riduce il numero di informazioni da analizzare economizzando tempo ed energia.
Per quanto questo sistema della mente sia economico e vantaggioso in diversi ambiti della vita quotidiana, quando entra in azione nei rapporti umani il rischio è di perdere di vista la complessità della personalità di ogni individuo, limitandone così la reale conoscenza e la possibilità di esprimere totalmente la propria individualità.
È così che il pregiudizio si trasforma in stereotipo, cioè una categorizzazione rigida e molto semplificata, tale per cui ogni membro catalogato in una determinata classe vede attribuirsi tutte le caratteristiche del gruppo. Vedere una persona in maniera stereotipata implica un’aspettativa non solo nell’espressione delle caratteristiche tipiche del gruppo, ma anche rispetto ai possibili comportamenti che a priori vengono associati a quella classe di persone.
Il pregiudizio e lo stereotipo sono strumenti di previsione e di controllo della realtà, nonostante ciò possono provocare una distorsione della conoscenza e rappresentare un ostacolo alla relazione, cancellando l’individualità e complessità di ognuno. Pregiudizio e stereotipo sono strettamente collegati in modo tale per cui l’uno rinforza l’altro, e più sono rigidi e generalizzati maggiore è il rischio che possano nuocere alle relazioni sociali. Sono legati alla sfera emotiva e per questo contengono già delle valutazioni di merito dell’oggetto o persona  a cui si riferiscono, influenzando scelte e atteggiamenti.
La nostra cultura è immersa nel culto della bellezza, intesa come canone estetico, fortemente basata sull’immagine e sull’apparenza. Il pregiudizio della bellezza dirige profondamente la nostra esperienza della gente: una persona di bell’aspetto ha un maggior potere persuasivo, induce simpatia, questo perché gli vengono automaticamente attribuiti altri aspetti positivi come talento, gentilezza, onestà e intelligenza. Non importa che il soggetto dimostri di averle davvero queste doti, poiché il pregiudizio dirige automaticamente verso di esse, e gli aspetti emergenti che invece confutassero tali attribuzioni vengono semplicemente ignorati.
Il protagonista del film, ben consapevole di queste dinamiche, inizia a vivere una vita nell’oscurità, finchè non decide di aiutare una ragazza, già conosciuta a scuola ma ignorata perché non voleva arrendersi alla logica della bellezza e dei soldi, ospitandola in casa sua e trovando piano piano il coraggio di mostrarsi nel suo aspetto. Ovviamente la ragazza non riconosce quel bel ragazzo, del quale per altro era infatuata, perché i modi gentili che ha adesso non li aveva espressi prima, non erano necessari da lui ci si aspettava altro, spavalderia, arroganza ecc.
L’amore crescerà nel ragazzo, poiché con lei si sente libero di esprimersi nella sua complessità di individuo e proprio allo scadere dell’anno riuscirà ad esprimere il proprio sentimento e a ricevere il bacio del vero amore, che lo riporterà al suo aspetto originario ma profondamente cambiato dentro, nel suo mondo valoriale, consapevole della propria essenza e indifferente rispetto alla propria apparenza.
Finchè si è intrappolati nello stereotipo della bellezza e dell’apparenza, non si riesce a vedere l’interiorità e iniziare il viaggio alla scoperta della propria vera personalità, in quanto il pregiudizio agisce anche sul soggetto stesso, non deve fare molta fatica per raggiungere i propri obiettivi perché il mondo ne agevola le azioni. Gli obiettivi stessi appaiono diversi quando si ha l’apparenza dalla propria parte. È come un arrendersi alla semplicità che la condizione offre.
Conoscere se stessi in profondità, con le proprie ambizioni, aspettative, bisogni, competenze, capacità, necessita impegno, lavoro, un viaggio nell’interiorità che spesso spaventa.
La mente umana continua ad avvalersi degli stereotipi per non rimanere senza schemi e senza aspettative: chi sente di appartenere ad una data categoria seleziona e mette in atto solo quei comportamenti che confermano l’appartenenza a quella classe di individui, limitando la libera espressione di sé, affermando ancora di più il pregiudizio, è una profezia che si auto-avvera.
Per ridurre gli stereotipi e i pregiudizi dunque è importante fornire alternative, di pensiero, di comportamento, di espressione. Infatti proprio quando un incantesimo ha tolto al protagonista del film la possibilità di agire secondo i suoi schemi precedenti, ampiamente esperiti, è stato costretto a trovare altre modalità di espressione di sé, che lo hanno portato a scoprire le sue doti altruistiche, le doti poetiche, la capacità di ascolto e comprensione degli altri, ed anche di se stessi.
Concedersi dunque di esplorare nuove aree della relazione, avere alternative di espressione dell’individualità rappresenta un’arma positiva contro la rigidità delle categorie mentali. La ricchezza vince sulla schematicità.